Per l'ex vicepresidente di Chávez il Venezuela è un gran disastro
Come vedono i governi del socialismo del XXI secolo l’arrivo al potere del caudillo Alexis Tsipras in Europa? Il Foglio lo ha chiesto agli ambasciatori in Italia di Bolivia e Venezuela, Antolín Ayaviri Gomez e Julián Isaías Rodríguez Diaz.
Roma. Come vedono i governi del socialismo del XXI secolo l’arrivo al potere del caudillo Alexis Tsipras in Europa? Il Foglio lo ha chiesto agli ambasciatori in Italia di Bolivia e Venezuela, Antolín Ayaviri Gomez e Julián Isaías Rodríguez Diaz. Quest’ultimo è una voce particolarmente autorevole perché fu vicepresidente di Hugo Chávez la prima volta che fu eletto, nel 1999. La risposta è un incoraggiamento, anche se nemmeno loro riescono a immaginare il modo in cui Tsipras riuscirà a farcela senza il grande lubrificante del socialismo in America latina: il petrolio e le materie prime strategiche.
Certo, quando i prezzi cadono il “modello” può trovarsi malridotto. Rodríguez Diaz, che oltre che vicepresidente è stato anche procuratore generale della Repubblica venezuelana, ammette una situazione disastrosa. “Nel 2014 abbiamo avuto un 3 per cento di contrazione. E si prevede per il 2015 una contrazione minore, ma sempre contrazione, dell’1 per cento”. Diaz ammette anche che il governo condivide molte responsabilità, per il modo in cui “non si è saputo approfittare dei tempi delle vacche grasse”. “L’opposizione non può continuare in eterno a ostacolare ogni tentativo di riforma sociale, avendo come unico obiettivo la caduta del governo. Il governo da parte sua non deve vedere nell’opposizione solo il pericolo di un ritorno a un passato che probabilmente non auspica più nessuno. Questo sforzo reciproco va compiuto per il bene supremo della nazione”.
I due diplomatici erano intervenuti a un evento organizzato da Mediatrends America Europa, per discutere di una congiuntura che per molti paesi dell’America latina si annuncia preoccupante. Ma Bolivia e Venezuela, pur governati da leader che in teoria si ispirano allo stesso modello politico, affrontano il crollo del petrolio in modo diverso. La Bolivia, infatti, l’anno scorso ha avuto una crescita del 5,9 per cento: la più alta del sud America. E Ayaviri Gomez ha potuto infatti snocciolare una serie di cifre di successo: in dieci anni le riserve sono cresciute da 340 milioni a 15 miliardi di dollari, le imprese da 47.000 a 147.000, la povertà si è ridotta dal 38 al 18 per cento. “Gli stessi imprenditori che prima avevano paura di Evo Morales adesso sgomitano per fare affari con lui”. Come mai in Venezuela il socialismo del XXI secolo sta producendo invece disastri? Perché dipende troppo dal petrolio, risponde l’ex vice di Chávez. “C’è poca industria. Tutti sono abituati a vivere del petrolio. I cittadini come i governanti e come gli imprenditori privati, che non assomigliano a quelli di altri paesi. Ciò da prima di Chávez”.
Insomma, un po’ di petrolio, come in Bolivia, aiuta. “Dopo tre mesi di governo Morales ha nazionalizzato gli idrocarburi, e abbiamo avuto risorse per fare le nostre politiche”, dice Ayaviri Gomez. Ma troppo petrolio fa male. E se non ce ne è per niente, come in Grecia? “Tsipras è il prodotto di una nuova generazione europea che risponde a un’unione economica forzata”, è l’analisi di Rodríguez Diaz. “E’ successo in Grecia, può accadere in Spagna con Podemos. Ma mentre la crisi in America latina è economico-dipendente, quella in Europa è politico-dipendente. I greci stanno cercando di recuperare indipendenza politica, pur nel contesto dell’Unione”.
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